I luoghi immaginati
L’Emilia-Romagna nel cinema di Pupi Avati
di Riccardo Marchesini
Documentario – Italia 2009 – Colore – 63’
Sinossi
A quarant’anni dal suo primo film, un viaggio in compagnia di Pupi Avati attraverso quei paesaggi e quelle suggestioni che l’Emilia-Romagna ha saputo offrirgli nel tentativo di descrivere quell’indissolubile legame tra l’uomo e la sua terra che ha dato vita a film importanti, dal valore indiscusso.
Il documentario nasce come tentativo di riscoperta di quei luoghi che furono location dei film di Avati.
Esiste ancora l’inquietante casa dalle finestre che ridono? O la sinistra costruzione che sorge sui terreni K in “Zeder”? E’ ancora possibile seguire le orme dei ragazzi di “Una gita scolastica” nella loro passeggiata appenninica?
Da questi interrogativi parte il documentario, che oltre ad essere un vero e proprio itinerario nella nostra regione vuole essere un viaggio nel cinema di Avati, in cui i luoghi, le trasformazioni e il passaggio del tempo sono il pretesto per rievocare aneddoti, storie, situazioni e per parlare della cinematografia del regista emiliano.
Un racconto sulla genesi delle opere girate in Emilia-Romagna, sulle difficoltà incontrate nella realizzazione, sulla ricerca di quelle location che diventarono parte del film, sugli attori e gli incontri più o meno fortunati che ogni lavoro ha portato con sè.
Crediti
Edit e mix audio DIEGO SCHIAVO
Direttore di produzione GIANGIORGIO MARCHESINI
Scritto, montato e diretto da RICCARDO MARCHESINI
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© 2009 – Giostra film / Regione Emilia-Romagna
Note di regia
Il documentario nasce come tentativo di riscoperta di quei luoghi che furono location dei film di Avati.
Esiste ancora l’inquietante casa dalle finestre che ridono? O la sinistra costruzione che sorge sui terreni K in “Zeder”? E’ ancora possibile seguire le orme dei ragazzi di “una gita scolastica” nella loro passeggiata appenninica?
Da questi interrogativi parte il documentario, che oltre ad essere un vero e proprio itinerario nella nostra regione vuole essere un viaggio nel cinema di Avati, in cui i luoghi, le trasformazioni e il passaggio del tempo sono il pretesto per rievocare aneddoti, storie, situazioni e per parlare della cinematografia del regista emiliano.
L’Emilia-Romagna è una regione che ha dato i natali ad alcuni dei più grandi registi di tutti i tempi, ma non solo: si tratta sempre di cineasti originali, trasversali, inafferrabili, capaci di oltrepassare i linguaggi consolidati, di diventare classici dopo essere stati eretici. Un esempio perfetto è proprio Pupi Avati, cineasta bolognese, che pur avendo abbandonato la regione di appartenenza, non l’ha certo dimenticata nella sua vasta produzione cinematografica.
Se è vero che il cinema di Avati è ricco di esperienze e divagazioni curiose, interessanti e trasversali come ad esempio i suoi film americani (uno fra tutti “Fratelli e sorelle”), è altrettanto vero che il regista emiliano non ha potuto fare a meno, dopo pause più o meno lunghe, di ritornare alla sua terra, anche sfiorandola leggermente, come accade negli ultimi lavori, in cui Bologna e l’Emilia sono semplicemente il punto di partenza o di arrivo delle sue storie e delle peregrinazioni dei suoi personaggi.